Scorrendo le pagine dei
giornali OPAM alla ricerca del pensiero originale di Don Carlo, da cui è
scaturita la sua Opera, mi sono imbattuto in una curiosa proposta formulata,
secondo il suo stile schietto, in forma diretta e provocatoria. Nel N.2 di
febbraio 1987 Don Carlo apriva il suo Editoriale dal titolo: Conoscere i popoli per amarli, con
questo interrogativo: “Signor Ministro della
Pubblica Istruzione, che Le pare di un’ora obbligatoria nelle scuole
sull’“Educazione all’umanità?” La cosa mi incuriosì e mi lasciai catturare
dal suo ragionamento coinvolgente e lineare
Partendo dalla constatazione
che le grandi invenzioni del secolo hanno profondamente cambiato la società,
offrendo opportunità impensabili di ricchezze spirituali, culturali, economiche
e sociali ai giovani, Don Carlo si poneva la domanda se tutto questo sarebbe
stato positivo o malefico. La sua risposta è netta: “Dipenderà dall’educazione che avranno ricevuto. Un’educazione che non
può essere contenuta nel recinto del vecchio ovile, ma va estesa fino a toccare
gli ultimi confini del nostro pianeta e superarli. Così si conoscerà di più
l’uomo in sé per poi rispettarlo come persona ed amarlo come fratello, dovunque
esso si trovi, qualunque sia la diversità dei colori della pelle, delle
tradizioni, delle credenze e della lingua. Dal rispetto e dall’amore nascerà
spontaneo il bisogno della solidarietà tanto nel darla che nel riceverla. E
sarà proprio questo nuovo spirito di solidarietà, intesa come condivisione dei
beni, primo fra tutti quello del “sapere” che cancellerà dal cuore dell’uomo
egoismi, rancori ed odi e farà nascere una nuova umanità fatta di esseri
ragionevoli e non di belve feroci. […]
L’uomo finalmente possiede gli strumenti
per capire che l’arricchimento della persona avviene quando si vive con gli altri e per gli altri. Ci sarà ancora del male, ma limitato in quantità e
qualità e verrà emarginato, isolato. Ci saranno ancora i ricchi e i poveri, ma
non i miserabili. Lo spirito tornerà a prevalere sulla materia, non per
disprezzarla e umiliarla ma per permearla e trasformarla in bene comune e non
in privilegio di pochi. Non è utopia. E’ un traguardo obbligato che esige però
preparazione e presa di coscienza. […] L’educatore di oggi, se veramente aspira
a cooperare alla creazione di un mondo nuovo deve possedere entro di sé il
prezioso patrimonio della conoscenza dei popoli per farli conoscere prima e
amare poi dai suoi alunni. Naturalmente per svolgere una così delicata
didattica l’educatore deve avere buoni sussidi […] e non sarebbe male se, per
tale scopo, intraprendesse viaggi negli altri Paesi, specie in quelli del
sottosviluppo. Non alludo ai viaggi turistici […] ma a quei viaggi organizzati
allo scopo di penetrare a fondo altre realtà umane. E qui dovrebbe entrare in
azione il Ministero della Pubblica Istruzione […] che oltre ad impegnarsi per
una “scuola per la vita” dovrebbe avere un po’ di lungimiranza per aprire la
strada verso una “scuola per l’umanità”. […] Un’iniziativa che sa veramente di
“nuovo”, necessaria per l’unità di tutti gli uomini, potrebbe essere appunto
quest’ora di “educazione all’umanità” obbligatoria, come sono obbligatorie
tutte le altre materie di insegnamento”. (Per leggere tutto l'articlo)
Sono passati 25 anni da quella proposta e noi ci siamo
ritrovati a parlare nel Convegno di un nuovo Umanesimo e di Lezioni che
provengono dal Sud del Mondo. Certamente Don Carlo non si illudeva che la sua
proposta fosse presa in considerazione da chi ha il compito di dettare le linee
e i programmi per la formazione delle giovani generazioni. Sapeva che il suo
era un sogno, ma non impossibile. Forse era eccessivamente ottimista
sull’abbassamento del livello del male nel mondo e sul sorgere di un’umanità
nuova come frutto del sapere. Anzi, se guardiamo con occhio critico
l’evoluzione dell’umanità in questi ultimi 25 anni ci sembrano assai scarsi i
passi nella direzione auspicata da Don Carlo. Compito dei profeti, si sa, non è
tanto indovinare le date degli accadimenti, quanto indicare la direzione di
marcia. Non è neanche loro compito vincere una battaglia, ma chiamare a
raccolta le forze per vincere la guerra. L’analfabetismo non è stato sradicato,
ma la consapevolezza che è un male e un’ingiustizia intollerabile è cresciuta
nella coscienza collettiva. E’ molto più evidente oggi che con un popolo
ignorante è vano pensare allo sviluppo, mentre con un popolo istruito non è più
possibile il sottosviluppo, proprio e altrui. E’ patrimonio condiviso che
l’arricchimento della persona avviene quando si vive e si lavora con gli altri
e per gli altri, invece che da soli e per il proprio esclusivo tornaconto; che
l’umanità progredisce non quando si erigono muri di separazione ma quando si
creano ponti per la condivisione. Oggi forse non è più neanche sufficiente
un’ora per studiare a scuola gli altri popoli: ce li troviamo in casa, viviamo
gomito a gomito, ne scopriamo pregi e difetti come abbiamo noi… Ma resta
urgente questa educazione all’umanità, cioè questa attenzione alla nostra ed
altrui fragilità, elemento che ci accomuna e ci permette di vivere tutti come
ospiti di questa terra meravigliosa dandoci la mano e venendo in soccorso alle
necessità gli uni degli altri. In questo senso la proposta di Don Carlo rimane
attuale e profetica anche ai nostri giorni.
A noi il compito di tradurla in
comportamenti nuovi e non solo in sterili sospiri.
Don
Aldo Martini
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