giovedì 14 febbraio 2019

I bambini nelle viscere dell’inferno dorato del Burkina.

Qualche mese fa è venuto a trovarci p. Eugenio Jovier, missionario dei Padri Bianchi con il quale da anni collaboriamo per l’alfabetizzazione delle popolazioni dei villaggi più remoti del Burkina Faso. Nel presentarci il nuovo progetto, che pubblichiamo nel numero del nostro giornale di Gennaio Febbraio 2019, abbiamo parlato con lui di un fenomeno drammatico che coinvolge anche tanti bambini.

Quando sentiamo parlare di cercatori d’oro ci tornano alla mente immagini tramandate dai film della vecchia America ai tempi di quel fenomeno conosciuto come «corsa dell’oro», o «febbre dell’oro».

Ma la corsa all'oro esiste ancora ed è soprattutto in Africa che si concentra. In Burkina Faso il fenomeno ha raggiunto dimensioni preoccupanti e sta letteralmente distruggendo il tessuto sociale ed economico burkinabè.

“Il Paese degli uomini integri” (questo significa Burkina Faso), uno dei Paesi più poveri del mondo, è fra i principali forzieri d’oro dell’Africa. L’industria estrattiva dell’oro rappresenta una delle principali attività economiche contribuendo per il 20% al PIL nazionale.
Quella che potrebbe costituire una ricchezza per la crescita e lo sviluppo del Paese, in realtà si sta rivelando una maledizione, come purtroppo accade a tutti quei Paesi, soprattutto africani, che hanno ricevuto in dono dal Creatore risorse naturali in abbondanza.
Le miniere sono nelle mani di multinazionali che hanno pieno potere e agiscono incuranti della popolazione: costringono interi villaggi a spostarsi per aprire nuovi siti estrattivi, sfruttano manovalanza locale a bassi costi, sono esentati dal versare imposte e destinano quasi tutto l’oro estratto all’esportazione.
Tutto questo non fa che procurare benefici al Nord del Mondo mentre il popolo burkinabè vede peggiorare di giorno in giorno le sue misere condizioni di vita.
Ma c’è di più. La febbre dell’oro ha contagiato la popolazione del Burkina e così, accanto ai siti ufficiali di estrazione delle multinazionali, sono nati centinaia di siti estrattivi abusivi. E il Governo che non riesce a controllare le multinazionali ancor meno riesce a fermare il fenomeno delle miniere d’oro illegali che sta mettendo KO la già fragile economia del Paese.
Ci raccontava p. Jovier: “Quando qualcuno trova un po’ d'oro in un campo, una pepita, la notizia si diffonde rapidamente e dopo pochi giorni una folla di gente proveniente da ogni parte si trasferisce lì per cercare il tesoro. Armati di piccone e pale lasciano casa, lavoro, scuola, tutto... nell’illusione di una ricchezza facile.”
Siti minerari sorgono ovunque. La terra burkinabè sembra una groviera.I fori scavati possono avere una profondità che va da 3 o 4 metri a molto di più, anche 25 o 30 metri. Scavano verticalmente ma anche orizzontalmente, a volte facendo lunghe gallerie che fuggono sotto la terra. Le persone lavorano in gruppi e ogni gruppo scava una buca. I fori possono essere molto numerosi, 30 o 40 o più e sono distribuiti su una vasta area di terreno.”
Qui i cercatori d’oro lavorano 8-10 ore in condizioni disumane: immersi nel buio, con temperature che superano i 50 gradi e la sola aria che possono respirare è quella che i loro compagni in superficie incanalano in coni di plastica, aria prodotta dallo sventolare di sacchi di plastica o juta, o per i più fortunati prodotta da ventilatori. Non ci sono macchinari. Tutto viene fatto con la sola forza delle braccia utilizzando mazzette per spaccare le pietre e carrucole di argani di legno e corde per portarle in superficie.
Il rischio di morire è elevatissimo e si aggrava nella stagione delle piogge quando, a causa dei crolli delle pareti, vengono seppellite nel fango tante persone e i loro sogni.
Famiglie intere abbandonano le campagne e vanno a vivere nella zona intorno ai pozzi, creando villaggi di disperati che vivono in mezzo alla polvere in baracche di sacchi di plastica e legno.
Per scendere nei buchi non conta l’età ma solo la resistenza e il coraggio e sono molti i bambini utilizzati per questo per la loro corporatura che ben si adatta a pozzi di diametri ridottissimi. 
L’Unicef parla di 500.000-700.000 minori coinvolti nelle miniere d’oro. Ma anche chi non scende nell’inferno ha la sua dose di fatica e di rischio. Bambini e donne sono impiegati per spaccare le pietre portate in superficie fino a ridurle in piccoli sassi poi immessi in macchine trituratrici per farne una sabbia sottilissima. Il rumore assordante dei generatori e di questi macchinari è la colonna sonora di questo inferno dove non vola una parola perché la fatica lascia solo poco fiato per respirare. 
Una volta ottenuta la sabbia, altro compito destinato a donne e bambini è quello di creare un impasto mischiando la polvere con acqua e sostanze nocive come il mercurio o il cianuro, capaci di legarsi all’oro. 
Successivamente scaldando questa “pasta” i cui fumi sono altamente nocivi, si recupera l’oro e parte del mercurio.
Altri bambini vengono impiegati per procurare acqua percorrendo decine di km al giorno con carichi pesanti.
Non sempre è facile trovare rocce aurifere. A volte bisogna scavare anche per mesi. In questo tempo i lavoratori non vengono pagati dall’impresario che assicura loro solamente il cibo.
Ci dice p. Jovier: “Alla fine il guadagno medio è di 2,5 € al giorno per i più fortunati. Ma le conseguenze di questa corsa all’oro sono drammatiche: le campagne vengono abbandonate e la produzione agricola che era la principale fonte economica del Paese va riducendosi di giorno in giorno; il tessuto sociale si disgrega e la vita in questi nuovi agglomerati fatiscenti dove risiedono anche 7000 persone si svolge in condizioni inaccettabili. I bambini vanno a lavorare con rischi elevatissimi per la salute rischiando la vita.
In molte zone del Burkina mancano le scuole e questo costituisce un motivo ulteriore per spingere le famiglie a intraprendere la corsa all’oro. Ma dove i bambini e i giovani hanno la possibilità di ricevere un’istruzione il fenomeno ha proporzioni decisamente inferiori perché le famiglie sono convinte che la possibilità di studiare costituisca l’unica strada per un futuro migliore per i propri figli e per il Paese”.
Diceva Thomas Sankara, primo Presidente del Burkina, che aveva a cuore il futuro del suo Paese:
 “Una delle condizioni per lo sviluppo è la fine dell’ignoranza. (...) L’analfabetismo deve essere incluso fra le malattie da eliminare il più presto possibile dalla faccia della Terra”.
Hanno ucciso Sankara per le sue idee ma non riusciranno a distruggere il suo sogno di un futuro migliore per il suo popolo. E noi, tutti insieme, possiamo contribuire a realizzarlo.
Anna Maria Errera


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