di Don Robert Ngongi
Accogliere Dio
nell’indifeso è un preciso invito di Gesù. Arrivato a Cafàrnao dice infatti ai
suoi discepoli: “Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il
servitore di tutti”. E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e,
abbracciandolo, disse loro: “Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio
nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha
mandato”.
Oggi più che mai risuona
attuale tale invito: la Chiesa
e l’intera società hanno il preciso dovere di interessarsi attivamente di tutte
le creature indifese, degli ultimi, dei bambini. Sono proprio loro i Grandi per
Dio, i Primi del Regno. E la Chiesa
che non può vivere avendo per fine la propria grandezza! Essa esiste solo come
servizio per la comunione di Dio con l'umanità. Gesù a Cafarnao compie poi un
gesto inedito: un abbraccio ad un bambino. Gesù non mette se stesso al centro,
ma il più indifeso, il più debole, il più fragile - il bambino - che necessita di
cura e premura, più attenzione e più amore. “…Lasciate che i bambini
realizzino l’incontro con “l’Amore” e non glielo impedite perché a chi è come
loro appartiene il regno di Dio” .
Come ridare speranza ai
bambini, soprattutto a quelli che vivono situazioni di povertà o di estremo
dolore e difficoltà? Come possono, ad esempio, dopo un’atroce ed oscura
esperienza di abbandono, dopo una estenuante alternanza di aspettative e di
delusioni, aprirsi nuovamente alla speranza contro ogni speranza? Sono loro
stessi ad indicarci la strada. Dal loro esempio di naturale e determinata
predisposizione all’accoglienza, noi dovremmo aprirci al dono della vita,
aprirci a Dio e far in modo che il Suo Amore ci avvolga a tal punto da farci
superare, nel totale affidamento, le nostre debolezze, i nostri dubbi
nell’accoglienza dell’Altro!
I bambini si aspettano
tutto dall’adulto, sono quindi i Maestri nell’arte della fiducia e dello
stupore. Loro sì che sanno vivere come i gigli del campo e gli uccelli del
cielo. Incuriositi da ciò che porta ogni nuovo giorno, sono pronti al
sorriso quando ancora non hanno smesso di asciugarsi le lacrime, perché si
fidano totalmente. Del Padre e della Madre.
Etty Hillesum, la giovane
ebrea olandese vittima dell’Olocausto scriveva “Se Dio è come un bambino
significa che va protetto, accudito, nutrito, aiutato e soprattutto accolto”.
Quindi appare chiaro
che il nostro mondo avrà un futuro migliore quando l'accoglienza, da dovere
sociale o generica benevolenza, diventerà atto d’amore concreto.
Ed accogliere o
respingere i disperati, i piccoli, che sia alle frontiere o alla porta di casa
mia, sarà considerato accogliere o respingere Dio stesso.
Noi dell’OPAM facciamo
una proposta che va oltre l’emergenza e ci impegniamo quotidianamente per
questo: aiutiamo questi ragazzi a imparare, a conoscere, ad assimilare un
mestiere; solo in questo modo potranno pensare a un futuro migliore
integrandosi con tutti “gli altri”.