mercoledì 31 ottobre 2018

"Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me”

di Don Robert Ngongi
     Accogliere Dio nell’indifeso è un preciso invito di Gesù. Arrivato a Cafàrnao dice infatti ai suoi discepoli: “Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti”.  E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: “Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato”.  
Oggi più che mai risuona attuale tale invito: la Chiesa e l’intera società hanno il preciso dovere di interessarsi attivamente di tutte le creature indifese, degli ultimi, dei bambini. Sono proprio loro i Grandi per Dio, i Primi del Regno. E la Chiesa che non può vivere avendo per fine la propria grandezza! Essa esiste solo come servizio per la comunione di Dio con l'umanità. Gesù a Cafarnao compie poi un gesto inedito: un abbraccio ad un bambino. Gesù non mette se stesso al centro, ma il più indifeso, il più debole, il più fragile - il bambino - che necessita di cura e premura, più attenzione e più amore.  “…Lasciate che i bambini realizzino l’incontro con “l’Amore” e non glielo impedite perché a chi è come loro appartiene il regno di Dio” . 
Come ridare speranza ai bambini, soprattutto a quelli che vivono situazioni di povertà o di estremo dolore e difficoltà? Come possono, ad esempio, dopo un’atroce ed oscura esperienza di abbandono, dopo una estenuante alternanza di aspettative e di delusioni, aprirsi nuovamente alla speranza contro ogni speranza? Sono loro stessi ad indicarci la strada. Dal loro esempio di naturale e determinata predisposizione all’accoglienza, noi dovremmo aprirci al dono della vita, aprirci a Dio e far in modo che il Suo Amore ci avvolga a tal punto da farci superare, nel totale affidamento, le nostre debolezze, i nostri dubbi nell’accoglienza dell’Altro!
I bambini si aspettano tutto dall’adulto, sono quindi i Maestri nell’arte della fiducia e dello stupore. Loro sì che sanno vivere come i gigli del campo e gli uccelli del cielo. Incuriositi da ciò che porta ogni nuovo giorno, sono pronti al sorriso quando ancora non hanno smesso di asciugarsi le lacrime, perché si fidano totalmente. Del Padre e della Madre.
Etty Hillesum, la giovane ebrea olandese vittima dell’Olocausto scriveva “Se Dio è come un bambino significa che va protetto, accudito, nutrito, aiutato e soprattutto accolto”.
Quindi appare chiaro che il nostro mondo avrà un futuro migliore quando l'accoglienza, da dovere sociale o generica benevolenza, diventerà atto d’amore concreto.
Ed accogliere o respingere i disperati, i piccoli, che sia alle frontiere o alla porta di casa mia, sarà considerato accogliere o respingere Dio stesso.
Noi dell’OPAM facciamo una proposta che va oltre l’emergenza e ci impegniamo quotidianamente per questo: aiutiamo questi ragazzi a imparare, a conoscere, ad assimilare un mestiere; solo in questo modo potranno pensare a un futuro migliore integrandosi con tutti “gli altri”.